( da un manoscritto di Checchino Martino )

Impegno per la famiglia, la scuola, la società

Sono nato il 27-9-1923 in Castelverrino (Is) e mi venne imposto il nome di Checchino. Nel corso della mia vita, le conoscenze di amici non sono mancate e i tanti amici, in maggioranza di provenienza umile come me, non hanno mai dimenticato, sia pure e distanza di tempo, il mio nome, ritenuto, da altri, singolare!

I miei primi passi, dunque, li ho mossi nel mio paese ove ho balbettato le prime parole, prima fra tutte: MAMMA.

Mio padre si chiamava Michele e mia madre Meccia Adelina. Mio padre, agricoltore, ha speso l’intera vita al lavoro dei campi; mia madre, casalinga, lo aiutava, come poteva, nei lavori più leggeri. Avevo un fratello di nome Antonio il quale morì in tenera età alla presenza di mio padre intento a lavorare in una campagna in agro di Pietrabbondante. Avevo, allora, solo quattro anni, ma ricordo benissimo il giorno in cui la sua bara venne seguita verso l’ultima dimora dal babbo e dalla mamma straziati dal dolore e da tanta gente commossa. Mi venne riferito che, lo ricordo bene, mentre i rintocchi della campana suonavano il vespero, mio fratello si inginocchiò facendo il segno della croce e cadendo riverso a terra. Frequentava il ginnasio presso il collegio “Massaioli” di Sassocorvaro in provincia di Pesaro.

Le scuole elementari le ho frequentate in paese. Mi corre l’obbligo di ricordare la mia maestra Pratola Maria Misischia, la quale non trascurava di offrire, giorno dopo giorno, amore e luce in me e in quanti ebbero il piacere e la fortuna di essere alle sue cure. Terminate le scuole elementari, col duro e penoso lavoro dei campi, che ,all’epoca, non conoscevano i mezzi moderni adoperati in agricoltura, ma con il bidente, la zappa e la vanga, mio padre mi mandò nel collegio Bonanni di Agnone per frequentare la Scuola Media. Quanti ricordi durante i tre anni di vita trascorsi in collegio, quanti momenti di vita particolare vissuta all’insegna della irrequietezza con i tanti compagni che mi piace ricordare: Vincenzino Meccia di Castelverrino, Giaccio Nicola, Antonio Di Iorio, Settembrino Giancola di Pietrabbondante, Porrone Domenico di Poggio Sannita, Margiotta Lorenzo di Pescopennataro ed altri. Irrequieto ed irrequieti in collegio e a scuola, non mancavano punizioni severe meritate. Non mancavano impreparazioni a scuola di tanto in tanto. Ricordo con piacere il Prof. Arciprete Di Pasquo, il quale un giorno mi chiamò per essere interrogato in latino. Era il giorno della mia impreparazione! Il Prof. Di Pasquo, con la sua severità caricata da tanta umanità, rivolto a me e ai compagni, ebbe ad esclamare: “Checchino Martino lo faremo sindaco di Castelverrino!” (questa sua affermazione si avverò nel 1952).

Terminate le medie nella città di Agnone, mio padre mi mandò a frequentare le scuole Magistrali, ospite del Collegio Comunale, a Veroli, in provincia di Frosinone. Ricordo bene che in collegio eravamo circa 250 presenze, in maggioranza meridionali. Una grande famiglia guidata da tanti Istitutori, da tanti professori provenienti anche da Roma, dal Rettore Giovanni Lombardi, che per tutti era il pater familias. Veroli, patria del Maiuri, è stata ed è ancora per me un secondo paese natìo, per le conoscenze avute, per l’istruzione ricevuta, per l’educazione acquisita a contatto di compagni provenienti da estrazioni sociali diverse e che oggi, merito loro, occupano o hanno occupato posti di responsabilità presso i vari Ministeri della nostra Patria. Veroli è una città molto antica, ricca di civiltà romana, gelosa custode di una cattedrale che merita di essere visitata. Chi da Alatri è diretto a Veroli, deve necessariamente passare sotto l’arco di Porta Romana, ove sono scolpite sulla pietra le seguenti lettere: S.Q.V.R., significano: il Senato e il popolo di Veroli. Ogniqualvolta noi convittori, tornando dalla passeggiata, imboccavamo Porta Romana, in coro dicevamo: “Sempre pensai qui venire, venuto qui pensai scappare!”

Nel collegio di Veroli ero in compagnia di cugini di Vastogirardi: Marracino Domenico, Ugo, Franco. Intanto potetti entrare nel Collegio Comunale di Veroli, in quanto i miei cugini avevano uno zio prete Cherubino Marracino, docente presso il liceo Giulio Cesare di Roma, amico intimo del Rettore del Collegio Giovanni Lombardi. Grazie ancora al Prof. Arciprete Marracino per essere stato un benefattore nei miei confronti e dei suoi nipoti. Arrivai alla resa dei conti! Correva l’anno 1941 quando sostenni l’esame di abilitazione e, grazie a Dio, mi venne consegnato il Diploma che lascio gelosamente in custodia alle mie figlie: Adele, Marcella, Antonietta. La maturità magistrale mi diede diritto all’insegnamento, nello stesso anno, nella cittadina di Bagnoli del Trigno e precisamente nella frazione S. Maria. Giovincello scherzoso alle prime armi, nel mio primo impatto con i bambini di campagna che mi vennero affidati, seppi districarmi e non poco per portare avanti il mio lavoro per il quale la Scuola nulla mi aveva dato per affrontarlo. Non mancarono consigli di colleghi anziani maturi d’esperienza per superare le difficoltà che mi si presentavano. Correvano gli anni più belli della mia giovinezza ed ero tanto gioioso perché partecipe della gioiosità e della soddisfazione di mio padre Michele che aveva visto tradursi in realtà  il suo sogno: fare di me una maestro elementare! A Bagnoli seppi riscuotere le simpatie di quanti ebbero modo di conoscermi, simpatie che, ancora oggi, ho il piacere di annoverare quando, di tanto in tanto, vi recapito, per far visita o restituire la visita ad un amico che risponde al nome di Silvio Greco, ma meglio conosciuto se chiamato “Sciuscilitto”. Ci conoscemmo il 1941, le nostre simpatie furono e sono ancora oggi reciproche, sicché spesso ci vediamo ricordando le nottate trascorse a “Terra di coppa” e “Terra di Vascie”, cantando canzoni dell’epoca, con altri amici, accompagnate dal suono di fisarmoniche, chitarre e mandolini. Il suono dolce, melodioso di tali strumenti, erano frutto di una scuola di musica aperta dal Maestro Cassone. Esisteva anche una fanfara di bambini guidata da Luigi, figlio del maestro Cassone. In occasione della festa della Madonna della Libera in Castelverrino, contrattata da me, la fanfara prestò servizio in paese, riscuotendo il plauso del popolo soprattutto perché formata da bambini.

La vita non corre sempre nel senso desiderato! La gioia, la spensieratezza, vennero troncate da una disgrazia in famiglia: mio padre, colpito da insolazione dopo una giornata di lavoro vicino ad una trebbia sotto il sole cocente d luglio, cadde malato e, colpito da afasia, per ben quattro anni venne assistito da me, dalla mamma, da zia Filomena, Amalia e tante altre brave persone legate alla mia famiglia da vincoli di amicizia che, all’epoca, era veramente disinteressata, non come ai giorni nostri! Il giorno in cui venne a mancare, ebbe la forza di sussurrare: Checchino!, e  mentre gli ero vicino al capezzale rese la sua anima al Signore. A mio padre, con tutta la forza del mio sentimento, dedicai queste poche parole dettate dal cuore e trascritte nel ricordino funebre dato a quanti lo conoscevano: ”Babbo adorato, mi abbandonasti proprio quando avevo maggiormente bisogno di Te. Dall’alto dei cieli confortami ed aiutami per percorrere, nel corso della mia vita, la via dell’onore e del sacrificio. Benedicimi e conforta il mio immenso dolore”. Il mio apostolato scolastico, senza ombra di presunzione, è corso da Bagnoli del Trigno a Castelverrino, da Belmonte (frazione Carcamo) a S.Pietro Avellana (frazione Cerro), da Rionero Sannitico (frazione Casabona) e infine di ruolo a Castelverrino, ove ho avuto il piacere di trasmettere quanto di meglio avevo a tanti giovani che oggi hanno un loro lavoro dignitoso onorando se stessi, la loro famiglia, il loro paese. Non è mancato qualche pizzico d’ingratitudine nei miei confronti da me francescanamente sopportata anche perché un proverbio cinese è sempre d’attualità: “ Non fare del bene se non sei pronto a ricevere ingratitudine”. E durante la mia vita scolastica, con l’aiuto, mai venuto meno, di mia moglie Adalgisa Bertoni, ho provveduto all’educazione delle mie figlie: Adele, insegnante elementare di ruolo e dottoressa in materie letterarie nelle scuole di Carovilli prima e, attualmente, insegnante d’inglese presso la scuola “I. Silone” di Isernia; Marcella, titolare di licenza liceale classica  funzionario presso l’INAIL di Isernia; Antonietta, insegnante elementare, attualmente Fisioterapista presso l’Ospedale di Isernia. Vita mia e di mia moglie fatta di grandi sacrifici! A bordo della prima “Lambretta” comparsa in Alto Molise, accompagnavo mia moglie  a prestare servizio presso l’Ufficio Postale di Agnone, col bello e cattivo tempo, per rientrare subito a Castelverrino per fare scuola. Dopo Agnone, mia moglie prestò servizio presso l’Ufficio di Poggio Sannita fino a quando, grazie a Dio, non arrivò il trasferimento a Castelverrino.

Scrivo questi ricordi all’età di 72 anni che, ringraziando il Signore, porto avanti

egregiamente. Agli amici che si complimentano, rispondo: “Più mi guardo e più divento giovane anche se i miei folti capelli, brizzolati più che mai lasciano immaginare un vecchio canuto e stanco”.

 Sempre in giro a bordo della mia macchina, trovo sempre il conforto e la simpatia di amici che hanno avuto ed hanno ancora un giudizio positivo nei miei confronti.

Correva l’anno 1952 quando il popolo di Castelverrino doveva eleggere un Consiglio Comunale per guidare le sorti del paese privo, all’epoca, di qualsiasi servizio. La messe era poca e  pretendenti alla carica di Sindaco furono due: Martino Checchino e Ottorino Fxxxxxx. La Democrazia Cristiana non assegnò il simbolo dello Scudo Crociato né a me, né al signor Fxxxxx il quale presentò una semplice croce ed io un libro aperto e due spighe di grano con la scritta “Pace e Lavoro”. La lotta si presentò dura, ma la maggioranza del popolo era con me. Le simpatie nei miei confronti superarono i confini comunali sicché anche Agnone, Pietrabbondante ma soprattutto Poggio Sannita tifavano per me e per la mia lista. Armoniose, chiare furono le quartine cantate in paese, per le campagne pervenute dalla vicina Poggio Sannita  da parte del Comitato Provinciale D.C. nella tornata elettorale del 1956.

Mi piace riportarle per ricordarne l’Autore Avv. Giuseppe Iacovone:

La voce di Poggio agli amici di Castelverrino

 

Benché nei fatti altrui

Non vada messo il becco

Noi or dobbiamo dirvelo

-         Votate per don Checco

 

Egli vi rappresenta

In una forma egregia;

il ben persegue, vigile,

e il male assai dispregia.

 

Fine, vivace, accorto

Centauro coraggioso,

è per l’azione rapida,

nemica del riposo.

 

Si rende assai simpatico

Per questa effervescenza;

spesso ci fa lietissimi

quassù, con la presenza.

 

Le sue fotografie

Vediamo in ogni sito;

di lui molte intraprese

sappiamo a menadito.

 

Ei nell’agon politico

Ha le colonne a fianco

E ben può far miracoli

Così, di punto in bianco!…

 

Le prove son tangibili,

e non ve ne scordate

quando con la matita

nella cabina entrate.

 

Considerar bisogna

Che, senza di don Checco,

voi, sì vicini al fiume,

prendete…un granchio a secco!

 

Noi attendiamo, amici,

da Voi una notizia

che ci darà, sappiatelo,

particolar letizia.

 

Vogliam che si telefoni:

“ Pronto? Castelverrino?

E’ confermato Sindaco

Il bravo don  Checchino

 

Poggese e Todertino

 

 

Ad ogni quartina, c’era il ritornello:

“e già si sa, don Checchino comanderà!”

 

La vittoria fu netta, schiacciante, tant’è che il capolista avversario non risultò nemmeno con la minoranza.

Appena l’insediamento, un lungo corteo dalla Casa Comunale con in testa il Sindaco, si snodò per le strade del paese. Era presente anche l‘On/le Sammartino. Sembrava la festa del Corpus Domini. Non me ne voglia il Signore! Coperte che sventolavano dai balconi, baciate dal sole e accarezzate da un lieve venticello; canti popolari e tante quartine di cui ho parlato prima. Passando davanti casa del signor Meccia Settimio, cognato dello sconfitto, dallo stesso mi fu offerta una rosa, che mi fece ricordare quella che il Maroncelli offrì al medico austriaco che gli aveva amputato la gamba nello Spielberg alla presenza del Pellico. L’onorevole Sammartino, nell’assistere al gesto così civile, ebbe a dirmi: -Checchino, veramente un momento da non dimenticare!- Da ricordare il coraggio dell’elettore signor Meccia Michele fu Pasquale il quale andò ad esprimere il suo voto spontaneo, perché sentito nei confronti della lista “Spiga e Libro”, dimesso solo da qualche giorno dall’ospedale ove gli era stato asportato il rene dall’allora Prof. Stangoni. Dopo pochi giorni dall’insediamento, ci fu il relax del partito amministrativo alle “Pezzelle”, ove venne consumata tanta grazia di Dio. Fu presente anche Bacco che, per l’occasione, fu più che generoso perché si verificò qualche scaramuccia ma, tra virgolette, “senza spargimento di sangue”.

Era il Fxxxxx Ottorino guardiabosco dei fratelli Mola di Napoli in località Rocca Tamburri. Il Fxxxxxx, durante la campagna elettorale, propagandava che, se avesse perso, avrebbe impedito agli agricoltori di Castelverrino, che transitavano per una strada che sfociava sulla provinciale Pietrabbondante-Agnone per andare a vendere vino e frutta a Vastogirardi, di servirsi di questo passaggio. Appena la sconfitta, venne messo un cancello, ma che venne subito rimosso grazie all’azione immediata dell’Amministrazione Comunale in concorso col Sindaco di Agnone Corradino Iannelli, che emise ordinanza di rimozione in quanto detto passaggio cadeva in agro di Agnone. Il Comune di Castelverrino dovette affrontare un giudizio, ma tutto si risolse favorevolmente a dispetto di una prepotenza, di un’alterigia che il popolo punì con votare  ”secco” il simbolo “Spiga e Libro”. Fu il primo impatto con quanto c’era da fare in favore della collettività! Ma il problema grosso che dovetti affrontare con i collaboratori eletti, fu quello di fare giustizia anche di un altro signore, tale Francesco Paolo Lxxx, sub-distributore dell’UNES, ente che erogava l’elettricità nell’ambito del Comune. E’ necessario ricordare che il Lxxxx non forniva luce di giorno in quanto, a suo dire, mancava un terzo filo nella rete pubblica. Intanto in casa sua, durante la giornata, la luce non mancava, e, mentre lui poteva ascoltare la radio, in tutte le abitazioni di Castelverrino la corrente non c’era non solo di giorno, ma, spesso, anche di notte, anche quando soffiava il minimo venticello che dava motivo al Lxxx di lasciare spento tutto il paese esternamente e internamente alle abitazioni!   Che pena! Anch’io, in prima persona, sopportavo queste vere e proprie angherie quando, in tempo di vendemmia, bisognava pigiare l’uva, torchiarla nelle cantine al lume della lucerna ad olio, che ricordava la vita dell’uomo primitivo nelle caverne. Prima di intraprendere un’azione di forza nei confronti del signor Lxxx, nella qualità di Sindaco, furono fatti tutti gli approcci per risolvere la situazione che mortificava tutto e tutti. Il Lxxx trovava sempre pretesti come a voler dire: “Qui comando io!”. Armato di una pubblica sottoscrizione popolare, con la quale mi si dava mandato di adoperarmi con tutte le forze nel rispetto della legalità e del vivere civile per risolvere l’annoso problema della “luce di giorno” in Castelverrino, sposai la causa con l’ardore degli anni più belli della mia giovinezza e, confortato dalla serietà dei colleghi collaboratori dell’epoca, col Consiglio Comunale, mi portai ripetutamente a Campobasso per affrontare e risolvere il problema con l’aiuto e la comprensione dell’Autorità Prefettizia. Non ci fu sfiducia in noi e, testardamente, portammo avanti la battaglia non per odio verso la ditta Lxxx, ma per reclamare un nostro sacrosanto diritto. I tempi furono più che maturi sicché l’allora Prefetto La Selva ebbe a dirmi in Prefettura: “Ho capito, bisogna tagliare la testa al toro!”. E fu così che intervenne l’UNES nel realizzare, nell’arco di soli 5 giorni, una seconda rete di distribuzione per erogare luce anche di giorno. La ditta Lxxx che aveva sempre interposti tanti problemi per tale servizio diurno, appena vide che la Società, da cui comprava l’energia, provvedeva a quanto sopra, diede subito la possibilità di fruire di energia elettrica  di giorno, non tenendo più presenti le mille difficoltà che avanzava prima per fare il proprio comodo a dispetto di una popolazione che allora viveva col duro e penoso lavoro dei campi. Fu un vero trionfo, ma devo ricordare che deludente fu il comportamento degli utenti. Solo tre persone: il Sindaco, Francesco Amedeo Martino e Bertoni Armando annullarono il contratto con la ditta Lxxx, facendone un altro con l’UNES, pagando £. 5.000 per diritti di attacco. La massa, che pure aveva consentito di risolvere il problema con pubblica sottoscrizione, non intese disdire con la ditta Lxxx e notoriamente si sbandierava:” Ormai anche il Lxxx ci dà la luce di giorno ed è inutile fare altro contratto con l’UNES per pagare 5.000 lire”. Il fatto non fu eclatante sicché con delibera di Consiglio venne rescisso il contratto col Lxxx, dando mandato all’UNES di provvedere all’illuminazione pubblica. La ditta Lxxx dovette piegasi, per propria colpa, e costretta a vendere all’UNES. Fu una seconda vittoria del Consiglio che rispondeva positivamente al mandato popolare! Precedentemente a tutto questo, piace ricordare che, un anno, durante la festa della Madonna della Libera, la banda di Castellino sul Biferno dovete suonare al lume di acetilene. Erano le ore 23 quando il Sindaco sig. Vincenzo Fabrizio (detto Catarro) con un lume Petromax in testa, seguito da altri con acetilene accese la banda e tutto il popolo sfilò per le strade del paese per reclamare a più non posso un diritto negato da parte della ditta Lxxx. Tale dimostrazione spontanea fu il coronamento e completamento della festività religiosa tanto cara a noi tutti . In piazza, davanti la lapide del Comune, che ricorda i castelverrinesi che combatterono e vinsero la IV guerra d’indipendenza, la dimostrazione ordinata, sentita, civile ebbe fine mentre le note del Piave risuonavano nell’oscurità della notte. Si sentì un grido da parte dei musicanti: “Viva Castelverrino!” e dei castelverrinesi “Viva Castellino sul Biferno!”.  Sfilando davanti l’abitazione del Lalli, il signor Michele Marzaiuolo ebbe a gridare.” Abbasso Paolo Lxxx!”.

In Castelverrino non esisteva la Casa della Scuola, non esisteva l’Asilo Infantile, la distribuzione idrica nelle case, non esistevano le fogne. Grandi e gravi problemi si ponevano all’attenzione del Consiglio. L’impegno fu grande, la partecipazione fiduciosa dei Consiglieri nei confronti del Sindaco, la cui dinamicità era nota a tutti, fece sì che, gradatamente, pur fra tante difficoltà, riuscisse a dare al piccolo centro altomolisano la possibilità di essere alla pari dei centri limitrofi e incamminarsi, decisamente, sulla via del progresso e della civiltà. La sistemazione delle strade interne a mezzo di svariati cantieri scuola, la sistemazione del muraglione antistante il cimitero, l’inizio della strada per Pietrabbondante, voluta anche dal geometra Nicolangelo Amicone della vicina Poggio Sannita ma oriundo castelverrinese per via materna, la gradinata centrale del cimitero, erano il frutto di operosa attività amministrativa che trovava , però, intralci da parte di chi veniva ad essere espropriato di terreni per pubblica utilità. Parlo di Marinelli Luigi fu Fiorangelo che si vide espropriare il vigneto per realizzare l’edificio scolastico, di Armando Martino fu Vittorio per vedersi espropriato il vigneto per la realizzazione dell’asilo infantile. Nessuno poteva fermarci nella realizzazione di opere che ancora oggi testimoniano che all’epoca non si dormiva ma si operava per il pubblico bene. Collaboratori sinceri e decisi furono Fabrizio Antonio Pasquale, Zarlenga Antonio fu Alessandro, Meccia Vittorino fu Pietro, Zarlenga Nicola Maria fu Pietro, Zarlenga Gelsomino, Meccia Michelino, Pelorosso Ferdinando, Meccia Michele, Meccia Ennio, Marciano Angelo  e altri, tanti altri che nel corso dei lustri hanno con me combattuto e vinto. Giunti all’anno 1956, per strada avevo perduto qualche fedelissimo, per il fatto che non trovò in me la disponibilità di accondiscendere ai suoi voleri personali. Nel 1956 trovai quale oppositore  il signor Fabrizio Domenico, che presentò il simbolo “Bandiera” del partito Liberale. Anche in questa occasione non ci furono dubbi: il Fabrizio fu sonoramente battuto e condannato da un voto popolare che fu plebiscitario per la seconda volta. Rimarranno sempre nel mio ricordo le ovazioni dei Poggesi nei miei confronti dalla immediata periferia del paese denominata: “Conicella”.

E tutto questo fu possibile con la collaborazione del Segretario Comunale Di Iacovo Giuseppe. Era il Di Iacovo un uomo competente, con una carica di umanità che lo rendeva funzionario equilibrato, uomo che affrontava il disagio di venire a piedi da Pietrabbondante con l’applicato Frazzini Ottorino, il quale, con una pazienza da certosino, non avendo, allora, il Comune possibilità finanziarie, rivoltava le buste della corrispondenza . Quante volte il Consiglio terminava ad ora tarda: non c’erano proteste da parte loro contro gli amministratori che allora si dedicavano al lavoro dei campi e quindi, dopo una giornata di lavoro, appena cenato, davano la loro disponibilità per il Consiglio, per deliberare e risolvere quanto c’era sul tappeto. Vita amministrativa fatta di sacrificio all’insegna del dovere che era per tutti senso di responsabilità e di serietà nei confronti di brava gente. Nessun gettone di presenza per tutti. Scarse erano le disponibilità di bilancio tanto che il medico condotto Camillo Carlomagno, attaccato ai castelverrinesi verso i quali profuse tutta la sua bontà e la sua professionalità, non poche volte non riscuoteva lo stipendio. E ancora oggi tutti lo ricordano, tutti furono presenti  alle esequie nella vicina Agnone, sua città di adozione. La Signora Teresa, squisita nel suo portamento, custodisce gelosamente la pergamena e la medaglia d’oro a lei consegnata dal Sindaco da parte dell’Amministrazione. Strade poderali realizzate, strada di collegamento nella frazione S. Lucia e distribuzione idrica non solo nella frazione ma anche in paese con realizzazione della rete fognante; strada di circonvallazione dall’edificio scolastico a via Croci; strada di circonvallazione da via Tufo alla zona storica che lambisce piazza Dante Alighieri attigua alla Chiesa madre; realizzazione di pubblico orologio fino al suo ammodernamento elettrico con campana regalata dal Sindaco; impianto di pubblica illuminazione al neon nella frazione S. Lucia fino alla cappella della Vergine festeggiata ogni anno la prima domenica di giugno. Il paesino che era incamminato sulla via del progresso con l’Amministrazione che aveva riconfermato per quasi 7 lustri, ebbe il suo sfogo viario con la strada provinciale Castelverrino-Pietrabbondante.

Castelverrino si presenta più che civettuola con le sue case ben sistemate internamente ed esternamente grazie all’intervento della Protezione Civile per il terremoto del 1984. Castelverrino era stata esclusa dall’intervento statale, sicché il Sindaco ebbe a scrivere all’allora Ministro per conoscere quale Santo Emidio aveva risparmiato dal terremoto il paese pur circondata da altri tre terremotati: Agnone. Pietrabbondante, Poggio Sannita! E fu così che la somma di tre miliardi venne stanziata per far cambiare totalmente volto al paese che prima si chiamava Castelluccio, poi Castelluccio sul Verrino e, infine, Castelverrino.

Ma i tempi cambiarono e fu così che sei consiglieri di maggioranza (rappresentavano le forze giovani di ricambio volute dal sindaco stesso) fecero combutta con  tre socialisti creando una nuova maggioranza. Rimasi, io Checchino Martino, solo con la giunta e sei contro nove eravamo spiazzati in quanto non si poté approvare neanche il bilancio. Volevano le dimissioni del sindaco senza fornire le ragioni che li spingevano a tanto. Non mi dimisi neanche quando, in una riunione del consiglio, mi penalizzarono col ridurre l’indennità di carica da 400.000 lire mensili a 1.000 lire. Fui felicissimo nel confermare le mie non-dimissioni, soprattutto perché ebbi modo di ricordare il motivo e le parole di una bella canzone dei tempi andati: “ Se potessi avere mille lire al mese!”. Furono maturi i tempi per il commissariare il Comune e il Commissario, durante la sua gestione, riportò l’indennità del sindaco da £. 1.000  a £. 400.000, cosicché riscossi gli arretrati. Furono indette nuove elezioni e ripresentai la lista, per evitare le dicerie che ci sarebbero state.

Sapevo di perdere, perché coloro i quali sostennero la mia persona per tanti lustri, erano familiari della lista giovani che si presentò in contrapposizione alla mia.

Ma si può obiettare: “ Se sapevi di perdere, perché riproponesti una lista?”. Chi ha conosciuto il mio carattere mi dà ragione: per non essere ritenuto un vile, il quale sapendo di perdere, batteva in ritirata.

 

A conclusione di questi ricordi carichi di amarezza e soddisfazioni, mi conforta il fatto di constatare nei paesi limitrofi e lontani la stessa stima, la stessa simpatia, la stessa credibilità che contraddistingueva la mia gestione amministrativa trasparente quant’altri mai, la mia carica di umanità nei confronti di avversari amministrativi, di gente conosciuta per caso e che, ancora oggi, ricorda quanto ricevuto senza avere nulla dato. Seppi rappresentare il mio paese con dignità perché geloso di un patriottismo che mi consentì di far conoscere i problemi del paese nei tanti convegni fatti a suo tempo, ove non mancavo di far sentire la mia voce, il mio disappunto, riscuotendo applausi di simpatia che ancora oggi, sia pure nella mia età avanzata, riecheggiano perché la mia età non rappresenta un tramonto ma, grazie a Colui che tutto muove, un’aurora che mi auguro si lasci vedere al terso orizzonte ancora per tanti anni.

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Castelverrino